giovedì 11 luglio 2013

Le tre teste della Troika Parte V – Le origini de “Il tocco del male”




“ … in questa nostra epoca fragorosa e cartacea, piena di propaganda aperta e di suggestioni occulte,
di retorica macchinale, di compromessi, di scandali e di stanchezza,
la voce della verità, anziché perdersi, acquista un timbro nuovo, un risalto più
nitido … “
Primo Levi



di Chris Richmond Nzi

Quando si intraprende un percorso verso una meta, conosciuta o ignara che sia, si pensano e si attuano metodi volti a conseguire l’obiettivo preposto, come i sentieri da imboccare, i vari ostacoli che potrebbero ritardare la tabella di marcia, le tappe dove potersi rifocillare e perché no, possibili scorciatoie. Un eventuale criterio adoperato determinerà il modo in cui si giungerà all’obiettivo. Decisioni condite da una –retta filosofia– condurranno alla meta con uno spirito di –sana– solidarietà, come devoti pellegrini, mentre con scelte impregnate di totalitarismo, la meta rimarrà probabilmente identica, ma la gioia di partecipare ad un viaggio unico nel suo genere si trasformerà ben presto in pura angoscia.

29 ottobre 2010, un giorno qualunque, come tanti, ma anche no.
«Desiderosi di favorire le condizioni» per «sviluppare un coordinamento sempre più stretto» delle politiche economiche,  «tenendo presente che mantenere finanze pubbliche sane e sostenibili e l’evitare disavanzi pubblici eccessivi è di fondamentale importanza», gli Stati dell’Eurozona convennero «sulla necessità» di istituire «un meccanismo permanente» per gestire le future crisi e convennero altresì sull’introduzione «di regole specifiche, tra cui il pareggio di bilancio ed un meccanismo automatico per l’adozione di misure correttive». Regole specifiche che non comprendono soltanto il pareggio di bilancio o l’ESM, come vagamente professato dai rappresentanti e dai loro mass-fake-media, ma bensì da regole che hanno anche comportano una «maggior sorveglianza economica, il monitoraggio e la valutazione dei programmi di bilancio ed obiettivi di medio termine», per di più «specifici per paese, che devono essere periodicamente rivisti». Anche, ma non soltanto. Questa prima parte di regole specifiche, che dovrebbe «migliorare la governance della zona euro», è definita nel TSCG, il cosiddetto Trattato sulla stabilità, sul coordinamento e sulla governance nell’unione economica e monetaria.



La seconda parte delle «regole specifiche» riguarda il «meccanismo permanente», il MES. Non un meccanismo momentaneo, non un meccanismo passeggero o permeabile, ma bensì un meccanismo permanente. Permanente, ovvero, continuo, che dura nel tempo, senza interruzioni. Un meccanismo indelebile ed inderogabile, probabilmente. Un meccanismo «che costituisce un elemento complementare del quadro regolamentare della governance economica dell’Unione (TSCG)», indispensabile ed importante, in quanto «elemento della strategia globale per rafforzare l’unione economica e monetaria». Il MES è uno strumento “necessario” ed «automatico», che serve ad «affrontare situazioni di rischio per la stabilità finanziaria e preservare la stabilità economica e finanziaria dell’Unione stessa» attraverso la mobilitazione di risorse finanziarie. Mobilitare risorse, «raccogliendo fondi con l’emissione di strumenti finanziari, concludendo intese o accordi finanziari con i propri membri, con istituzioni finanziarie o con terzi», «a beneficio dei membri che già si trovino o rischino di trovarsi in gravi problemi finanziari». Viene attivato automaticamente «qualora si constatino deviazioni dall’obiettivo di medio termine o dal percorso di avvicinamento a tale obiettivo», ed è attuabile anche a “beneficio” degli Stati che «rischino di trovarsi in gravi problemi finanziari». Che rischiano, cioè che effettivamente non hanno ancora seri problemi finanziari, ma che rischiano. Ma forse il male maggiore deriva dal fatto che siccome «qualsiasi assistenza finanziaria concessa deve essere rimborsata con un importo maggiorato», «la concessione di un’assistenza finanziaria ad un membro del MES conduce a creare» per quello Stato, «un nuovo debito nei confronti del MES». In questo modo, spingendo gli Stati della zona euro  a «mantenere una disciplina di bilancio anche quando contraggono debiti», si «contribuisce alla realizzazione di un obiettivo superiore, vale a dire, il mantenimento della stabilità finanziaria dell’Unione monetaria». Se «la governance economica (TSCG) istituisce un coordinamento ha natura preventiva, in quanto diretto a ridurre per quanto possibile il rischio di crisi del debito sovrano, l’istituzione del MES invece, mira a gestire crisi finanziarie che potrebbero sopravvenire malgrado le azioni preventive intraprese». Da notare e preferibilmente da non sottovalutare l’obiettivo finale della procedura di pareggio di bilancio, ossia «sollecitare ed all’occorrenza costringere uno Stato membro a ridurre l’eventuale disavanzo» contratto.

«Desiderosi di avvalersi più attivamente della cooperazione rafforzata» e volenterosi di conseguire in modo –legale– l’obiettivo superiore, un qualunque 25 marzo del 2011, i capi di Stato o di governo hanno deciso di modificare il Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE) mediante la procedura di revisione semplificata. Diversamente dalla revisione ordinaria, la revisione semplificata «non può estendere le competenze» dell’Unione, ed è intesa a «modificare in tutto o in parte le disposizioni della parte terza del Trattato sul funzionamento dell’Ue (TFUE)». La parte terza, vale a dire, «le politiche e le azioni interne». È bastato aggiungere un paragrafo all’art. 136 del TFUE, è bastato asserire che «gli Stati la cui moneta è l’euro possono istituire un meccanismo per salvaguardare la stabilità della zona euro nel suo insieme. La concessione di qualsiasi assistenza finanziaria sarà soggetta ad una rigorosa condizionalità», per attivare il «pilota automatico» e raggiungere prima del previsto, attraverso l’uso di una scorciatoia, il famigerato obiettivo superiore.

Usando la cooperazione rafforzata, i rappresentanti del popolo hanno inteso «promuovere la realizzazione degli obiettivi, proteggere i suoi interessi e rafforzare processo d’integrazione dell’Unione». Oramai la meta era vicina, e così, un 9 dicembre del 2011, sempre gli stessi personaggi «hanno deciso di procedere verso un’unione economica più forte», istituendo «un nuovo patto di bilancio ed un rafforzamento del coordinamento delle politiche economiche, da attuare attraverso un accordo internazionale». Non per mano di un accordo intergovernativo, non con uno comunitario, ma bensì «attraverso un accordo internazionale». L'ennesimo accordo internazionale, istituito dagli Stati dell’Eurozona per gli Stati dell’Eurozona, voluto per «prevenire il rischio di crisi del debito sovrano» e «gestire le crisi finanziarie che potrebbero sopravvenire malgrado le azioni preventive intraprese». Sia il Trattato sulla stabilità, sul coordinamento e sulla governance (TSCG)che il Trattato che istituisce il Meccanismo Europeo di Stabilità (MES), fanno parte di accordi internazionali presi non dagli organi istituzionali europei, non dalla Commissione o dal Consiglio, ma dagli Stati membri dell’Eurozona, in sede internazionale, per loro stessi, con l’ausilio della cooperazione rafforzata.

Ora, gli Stati della zona euro hanno avuto l’obbligo di «recepire la regola del pareggio di bilancio nei loro ordinamenti giuridici nazionali, preferibilmente di natura costituzionale, o tramite disposizioni vincolanti o permanenti», permanente, come il meccanismo in sé stesso. Sinceramente, questo ennesimo vincolo voluto dagli Stati per gli Stati poteva anche essere evitato, «tenendo presente che l’obiettivo dei» rappresentanti «degli Stati dell’Eurozona e di altri Stati membri dell’Ue è integrare quanto prima le disposizioni» sulla stabilità, sul coordinamento e sulla governance «nei trattati su cui si fonda l’Unione europea». «Incorporare nell’ordinamento giuridico» comunitario tali disposizioni, « tra cinque anni al più tardi». Se le varie norme quali il pareggio di bilancio sono entrate in vigore il 1
° gennaio 2013, quale sorte avrà tra cinque anni il MES, che è un Trattato «complementare» con il TSCG «nel promuovere la responsabilità e la solidarietà di bilancio»? Due in uno! How you like that?? Tic-tac, tic-tac, tic-tac.

A quel punto, quando anche la regola del pareggio di bilancio sarà una disposizione integrata nel diritto supremo europeo, non sussisterà più il problema degli Stati con più deroga o con meno deroga, perché da quel giorno, basterà essere parte dell’Unione europea per esserne vincolati. Perciò, tu, tu che professi di voler diventare uno Stato con deroga, ovvero uscire dall’Eurozona, in che modo pensi di evitare il coordinamento sulla governance? In che modo pensi di sottrarti all’obbligo di contribuire ai miliardi che il tuo Stato deve continuamente al Meccanismo Europeo di Stabilità? Ah si, l’art. 50 del Trattato sull’Unione europea (TUE), è vero. Ma forse non hai inteso che il tuo capo di governo è stato uno di quelli che ha deciso di procedere verso un’unione economica più forte, da attuare attraverso un accordo internazionale. Forse non hai inteso che l’accordo internazionale in questione è un «elemento complementare del diritto primario» e non fa parte, almeno non del tutto, del diritto dell’Unione». Ciò comporta che in virtù del principio di attribuzione, «l’Unione agisce esclusivamente nei limiti delle competenze che le sono attribuite per realizzare i suoi obiettivi», perciò mamma Commissione e papà Consiglio, non andranno in sede internazionale a barattare il big mistake del tuo rappresentante, semplicemente perché l’accordo in questione non è stato concluso dalle istituzioni comunitarie, ma dagli Stati dell’Eurozona, in sede internazionale, per gli Stati dell’Eurozona. 

Appurato che mamma e papà non aiuteranno nessuno, quale sarà la tua prossima mossa? Deciderai di abbandonare la famiglia Unione, dove le decisioni sono «prese il più vicino possibile ai cittadini»? Quando il tuo rappresentante ha aderito a tale famiglia, anche a nome tuo, ha altresì accettato di astenersi «da qualsiasi misura che rischi di mettere in pericolo la realizzazione degli obiettivi dell’Unione». Già, te n’eri scordato, vero? Perdere pezzi lungo il percorso, non potrebbe inficiare la credibilità dell’Unione? Bah, arrivati a questo punto non rimane che rivolgersi alla Corte di giustizia europea, o sbaglio? Non sbaglio, ma chi lo facesse, sbaglierebbe sicuramente. Sbaglierebbe, perché la Corte «è competente a pronunciarsi sulla validità degli atti compiuti dalle istituzioni» e perché «l’esame della validità del diritto primario non rientra» nelle sue competenze. Se la Corte stessa non può «esaminare la validità delle disposizioni dei trattati», la validità dei trattati adottati all’interno della Comunità europea, figuriamoci se possa avere qualche competenza riguardo i trattati adottati in sede internazionale, dagli Stati, per gli Stati, per di più! Si potrebbe forse bussare a qualche altro portone, con in mano la Carta dei diritti fondamentali, ma anche no, siccome le disposizioni della «Carta si applicano agli Stati membri esclusivamente nell’attuazione del diritto dell’Unione», perché la Carta «non estende l’ambito di applicazione del diritto dell’Unione al di là delle competenze dell’Unione». Neanche la Carta dei diritti fondamentali può scavalcare il recinto del diritto comunitario e calpestare la giurisdizione internazionale. Date a Cesare ciò che è di Cesare, please!

Se mai uno Stato non dovesse mettere in «pericolo la realizzazione degli obiettivi dell’Unione» e gli venisse concesso di uscire dall’Eurozona, non potrà che nascondersi in un angolino, con la sua deroga ben in vista, in attesa che il coordinamento sulla governance  ed il MES lo investano brutalmente, nuovamente, nel momento in cui verranno introdotti nel diritto supremo europeo. Supremo si, forse, ma anche limitato. Dopo aver vissuto un déjà vu, quello Stato avrà probabilmente due sole possibilità. Tornare in famiglia, con la coda tra le gambe, chiedere scusa ed adeguarsi alla consuetudine vigente, la madre di tutte le attuali omertà, oppure,  potrà destarsi ed affrontare di petto il problema. Pensandoci bene, una terza possibilità ci sarebbe. Evitare per l'ennesima volta il confronto e scappare, scappare proprio e richiedere asilo finanziario al continente più vicino, magari presso l’UA, ovvero all’Unione Africana. Ma quando i capi dell’Unione africana avranno inteso che tu Stato provieni dall’Unione europea, colei che ha ricevuto il Nobel per la pace, colei che oltre a creare sfollati tra i suoi membri stessi, non smette di destabilizzare con le guerre svariate nazioni, dovrai anche prevedere un’eventuale espulsione. Espulsione, perché anche in quella Comunità le cose non vanno per il verso giusto, perché non hanno ancora imparato a moltiplicare i pani ed i pesci o nutrirsi con i raggi del sole. Espulsione, perchè se è vero che la globalizzazione procede a senso unico, non è detto che anche il razzismo ed i preconcetti razziali debbano essere strettamente monodirezionali.

Tu, tu che professi di detenere l’elisir, dovresti forse rivalutare quella medicina naturale che non vuoi sentir nominare, che non digerisci, perché forse soltanto quella potrà alleviare molti dei tuoi mali. Non rinnegarla semplicemente perché viene occultata dai sofisti, dai tuoi rappresentanti ignari di filosofia ed incapaci di verità.
 
Un aiutino? Una volta questa medicina veniva denominata diuturnitas.


“… l'uomo è gregario, e ricerca più o meno consapevolmente la vicinanza non già del suo prossimo generico,
ma solo di chi condivide le sue convinzioni profonde (o la sua mancanza di tali convinzioni)
… “
Primo Levi

1 commento:

  1. Io sarò altrove. Che L'europa crolli su se stessa non merita di sopravvivere..

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