giovedì 4 luglio 2013

Le tre teste della Troika Parte IV - La Banca centrale europea


"la nostra vita inizia a finire il giorno che diventiamo
silenziosi sulle cose che contano"
Dr. M. L. King
 

di Chris Richmond Nzi

Gli Stati sovrani della Comunità europea, cedendo le loro varie competenze, hanno intenzionalmente espresso la volontà che sia l’Unione europea a legiferare a nome loro e per conto loro, su tutto ciò che riguarda la politica monetaria e la coesione economica. Questa scelta, decisamente discutibile, ha portato l’Unione ad imporre agli Stati di considerare «le loro politiche economiche una questione di interesse comune» fondate «sullo stretto coordinamento» per conseguire la «definizione di obiettivi comuni». Obiettivi che hanno generato per i paesi della Comunità, l’obbligo di «evitare disavanzi pubblici eccessivi e raggiungere gradualmente un avanzo», ottenibile attraverso «prezzi stabili, finanze pubbliche e condizioni monetarie sane ed una bilancia dei pagamenti sostenibile».

I 28 paesi membri della Comunità europea, che abbiano o che non abbiano accettato l’euro come moneta, compongono con la BCE  il cosiddetto Sistema europeo delle banche centrali (SEBC), mentre i 17 membri che adottano l’euro come moneta unica, costituiscono con la BCE la cosiddetta zona euro, l’Eurosistema. I paesi che non hanno voluto o potuto aderirvi, invece, vengono denominati Stati con deroga, e pur non essendo membri della zona euro, sono comunque parte integrante del SEBC.
Il Sistema europeo delle banche centrali, è l’organo che ha il compito di definire ed attuare la politica monetaria, sostenere le politiche economiche generali, detenere e gestire le riserve in valuta estera, fissare il Tasso Ufficiale di Riferimento (TUR), mantenere la stabilità dei prezzi e promuovere il regolare funzionamento dei sistemi di pagamento all’interno della Comunità europea. Il SEBC, in poche parole, attua la competenza in seno all’Unione europea in materia di politica monetaria e di coesione sociale. Gli organi che governano il SEBC sono il Consiglio direttivo ed il Comitato esecutivo, ovvero, due dei tre organi decisionali della BCE. Il terzo organo decisionale della BCE, estromesso dalla governance del SEBC è il Consiglio generale, colui che concorre all’adempimento delle funzioni consultive, di coordinamento ed è l’organo che si occupa delle fasi necessarie per il futuro allargamento della zona euro.
Perciò la BCE, con l’ausilio di due dei suoi organi decisionali, «assicura che i compiti attribuiti al SEBC siano assolti mediante le attività proprie, oppure attraverso le banche centrali nazionali». Tutto lineare, tutto regolare, dato che «le banche centrali nazionali sono parte integrante del SEBC, ed agiscono secondo gli indirizzi e le istruzioni della BCE»; nulla da controbattere, dato che «la BCE si avvale delle banche centrali nazionali per eseguire le operazioni che rientrano nei compiti del SEBC».

Per svolgere al meglio le sue mansioni, usufruendo delle banche centrali nazionali e come tutte le istituzioni comunitarie che si rispettano, la BCE gode di vari privilegi ed immunità. Locali ed archivi inviolabili, le entrate, gli averi ed i beni sono ovviamente esenti da qualsiasi imposta diretta. Ma se le attività effettuate dalla BCE attraverso le banche centrali nazionali per conto del SEBC sono tutte lecite e cristalline, perché la BCE si trincea e si camuffa dietro strati di protezioni, manco fosse Mr. Berlusconi? Forse perché «le banche centrali nazionali possono anche svolgere funzioni diverse», attività «svolte sotto la piena responsabilità delle banche centrali» stesse, perché «non considerate come parte delle funzioni del SEBC». Le banche centrali nazionali della Comunità europea hanno facoltà di intraprendere attività che non rientrano nei compiti e nelle funzioni del Sistema europeo di banche centrali. Questo punto è fondamentale per comprendere il quadro che struttura la Troika e le sue relative applicazioni.


Nonostante la possibilità di nefandezze e di scorribande, la BCE, attraverso le banche centrali nazionali, ha facoltà di manovrare e gestire, con le sue competenze, il Sistema europeo delle banche centrali e tramite le banche centrali, può aprire conti intestati ad enti creditizi, organismi pubblici ed altri operatori di mercato. Sempre grazie alle sue competenze, la BCE può operare sui mercati finanziari ed erogare prestiti sulla base di adeguate garanzie e come se non bastasse, per il perseguimento degli obiettivi legati alla politica monetaria la BCE «ha il potere di obbligare gli enti creditizi degli Stati membri a detenere presso i suoi conti o presso i conti delle banche centrali nazionali, riserve minime». Qualora gli entri creditizi non dovessero osservare ed attuare questa decisione, la «BCE ha facoltà di imporre interessi ed altre sanzioni» a tali enti, a suo piacimento. 

Quasi inutile ricordare che sia la BCE che le banche centrali nazionali «stabiliscono relazioni con le banche centrali, con le istituzioni finanziarie di paesi terzi e con le organizzazioni internazionali» come il Fondo Monetario Internazionale, il Comitato economico e finanziario e la Banca per gli investimenti. Possono inoltre «acquistare e vendere tutti i tipi di attività in valuta estera e metalli preziosi, detenere e gestire tali attività ed effettuare tutti i tipi di operazioni bancarie con tali paesi terzi e tali organizzazioni internazionali, ed ovviamente, possono partecipare ad istituzioni monetarie internazionali», come la Troika, appunto.

Nonostante tutto ciò, «ciascun Stato membro assicura che la propria legislazione nazionale sia compatibile con lo statuto del SEBC e con lo statuto della BCE», e nonostante tutto, ci sono ancora Stati membri che continuano a «promuovere le organizzazioni internazionali».

Il raggio di competenze della BCE non si limita soltanto ad attuare la politica monetaria e di coesione economica della Comunità, perché per Lei, sarebbe alquanto limitativo, opprimente e frustrante. Così, per ampliare la sua utilità, gli Stati membri hanno convenuto che la BCE possa anche «fornire pareri, essere consultata ed avere compiti inerenti l’attuazione della legislazione necessaria alla vigilanza prudenziale sugli enti creditizi e sulla stabilità dell’intero sistema finanziario». A tal fine, «assistita dalle banche centrali nazionali, la BCE raccoglie le necessarie informazioni dalle competenti autorità nazionali, oppure direttamente dagli operatori economici», e per non incorrere in possibili distrazioni ed eventuali errori, «coopera con le istituzioni, gli organi e gli organismi dell’Unione, con le competenti autorità degli Stati membri, dei paesi terzi e con le organizzazioni internazionali». Uno perfetto conflitto d’interessi, un perfetto modo per coprire le proprie nefandezze e le proprie scorribande.

Per evitare un circolo vizioso e stagnante, «la contabilità della BCE e delle banche centrali nazionali vengono verificate» anche «da revisori esterni indipendenti», tra cui il Fondo Monetario Internazionale, i quali, «hanno pieni poteri di esaminare tutti i libri ed i documenti contabili della BCE e delle banche centrali, per essere pienamente informati sulle loro operazioni». Siccome ogni settimana la BCE «pubblica un rendiconto finanziario consolidato del SEBC, pubblica rapporti sulle attività del SEBC almeno ogni tre mesi e trasmette al Parlamento, al Consiglio ed alla Commissione europea, una relazione annuale sulla politica monetaria dell’anno precedente ed una dell’anno in corso», risulta poco limpido il motivo per il quale durante la vigilanza prudenziale ed i vari rapporti emessi, nessuno si è reso conto in tempo utile dei macroeconomici problemi finanziari di diverse banche della zona euro e del SEBC.

Secondo la Costituzione europea approvata dai governi della Comunità europea, «l’Unione si dota dei mezzi necessari per conseguire i suoi obiettivi e per portare a compimento le sue politiche», ed oltre ai fondi ottenuti obbligando gli enti creditizi a detenere depositi presso i suoi conti, per disporre del capitale necessario per il suo business la BCE attua un metodologia sulla falsa riga e simile a quella adottata dal Fondo Monetario Internazionale. In effetti, «le banche centrali nazionali sono le sole sottoscrittrici e detentrici del capitale della BCE» e tale capitale, viene incrementato a scadenza quinquennale, come avvenuto nel 2004 e nel 2009, oppure, ogni qualvolta che l’Unione accoglie nella sua famiglia un nuovo membro, come nel 2004, nel 2009, oppure come successo pochi giorni fa, il 1° luglio 2013.
Nel 1998, quando è stata istituita, la BCE era dotata di un capitale pari a 5 miliardi di euro, ricavato dalle sottoscrizioni, ed oggi, dopo l’entrata della Croazia nell’Ue, la BCE dispone di un capitale più che raddoppiato, pari a 10,825 miliardi di euro. Per di più, le banche centrali nazionali, conferendo alla BCE attività di riserva in valute estere, posizioni di riserva sul Fondo Monetario Internazionale e Diritti Speciali di Prelievo (DSP), hanno conferito alla BCE un ulteriore capitale, che ammonta a 50 miliardi di euro, e se necessario, il Consiglio direttivo ha facoltà di decidere un ennesimo aumento delle valute che gli Stati, attraverso le banche centrali nazionali, devono versare nelle casse della BCE.

Come qualsiasi businessman, la BCE mette in conto che con le sue attività speculative potrà incorrere, oltre ad enormi profitti, pure ad eventuali perdite, e come fanno le società con capitale a sottoscrizione, parte del profitto netto generato dalle attività viene distribuito ai detentori delle quote, le banche centrali nazionali in questo caso, in proporzione alle quote sottoscritte. Le eventuali perdite generate dalle attività della BCE invece, vengono coperte da uno dei tanti fondi a sua disposizione, il fondo di riserva generale, e se necessario, viene utilizzato a copertura delle perdite anche il reddito monetario. Il reddito monetario è quel reddito ottenuto dalle banche centrali nazionali nell’ambito delle operazioni di politica monetaria del SEBC, che viene distribuito alle banche centrali al termine di ogni esercizio e che può anche essere usato dalla BCE per indennizzare le banche centrali per le spese sostenute in occasione dell’emissione delle banconot, o per ammortizzare perdite specifiche relative alle operazioni di politica monetaria realizzate per conto del SEBC.
Per intendere la solidità del business svolto dalla BCE, basta scrutare il bilancio dell’esercizio appena trascorso. Il 2012, si è concluso per la BCE con un utile lordo di 2,164 miliardi di euro, e dopo aver trasferito 1,166 miliardi di euro al fondo di accantonamento, portandolo così a 7,529 miliardi di euro, l’utile netto è stato di 998 milioni di euro. Il Consiglio direttivo ha così potuto corrispondere il 31 gennaio 2013 la prima tranche di 575 milioni di euro come acconto sul dividendo a favore delle 17 banche centrali nazionali della zona euro, completando poi l’operazione il 25 febbraio, versando loro la rimanenza, ovvero 423 milioni di euro.
Gli interessi attivi netti dell’esercizio 2012 sono stati pari a 2,289 miliardi di euro e tale importo, include gli interessi generati dalla quota della BCE sul totale delle banconote euro in circolazione, include gli interessi netti rivenienti dal portafoglio acquistato nell’ambito del Programma per il mercato dei titoli finanziari, ed include anche gli interessi attivi netti derivanti dai titoli acquisiti nel quadro dei due Programmi per l’acquisto di obbligazioni garantite. All the world in recession, exept me, asseriva qualcuno!

E mentre il popolo europeo continua a subire le pretestuose riforme strutturali  volute anche dalla BCE, con la complicità di rappresentanti incapaci di onestà, corrotti e corruttori, le spese per il personale BCE nel 2012 sono aumentate, arrivando a 219 milioni di euro; gli affitti degli immobili inviolabili e gli onorari professionali dei tecnocrati privi di filosofia sono aumentati, toccando quota 242 milioni di euro. E siccome nonostante tutto, il business della BCE è parecchio proficuo e procede a gonfie vele, dagli attivi dell’esercizio 2012 sono stati stanziati 530 milioni di euro come parte dei fondi necessari per la costruzione della futura sede operativa della BCE.

A questo punto, bisogna esprimere chiaramente a chi asserisce che l’uscita dall’Eurosistema significhi tagliare totalmente i ponti e non avere più obblighi con l’Unione economica e monetaria europea, non dover rispettare il pareggio di bilancio, non essere sorvegliati dall’Unico Supervisore e non dover sottostare alle svariate richieste di capitale comunitarie ed internazionali, dice semplicemente il falso. Semplicemente perché gli Stati con deroga, ovvero i paesi che non hanno voluto o non hanno potuto adottare l’euro come moneta, anche se «mantengono i loro poteri nel settore della politica monetaria», senza elencare i vari contributi richiesti e “dovuti” agli altri organi comunitari, alle organizzazioni internazionali ed alle cooperazioni rafforzate, devono comunque versare alla BCE «una percentuale minima come contributo ai costi operativi». Non corrispondendo la loro quota relativa alla sottoscrizione del capitale BCE, gli Stati con deroga pagheranno per i costi operativi senza poter ricevere a fine esercizio, i dividendi ricavati dalle attività lecite ed illecite della BCE, perché i dividendi, sono specificatamente destinati ai paesi membri della zona euro, che contribuiscono al capitale della BCE. Cornuti e mazziati.
Per di più, qualora uno Stato con deroga dovesse riscontrare difficoltà nella bilancia dei suoi pagamenti compromettendo così il “buon” funzionamento del mercato interno dell’Unione, «la Commissione europea procede senza indugio ad un esame della situazione ed indica le misure di cui raccomanda l’adozione da parte dello Stato interessato». Queste misure «possono anche riguardare un’azione concordata presso altre organizzazioni internazionali», di cui tutti gli Stati del SEBC sono parte integrante, e possono anche riguardare «la concessione di crediti da parte degli altri Stati membri» del SEBC. Perciò, chi rimane nell'unione monetaria, oltre ad essere cornuto e mazziato come chi non ne fa parte, continuerà ad essere perennemente martoriato, saccheggiato e violentemente infibulato.



Mamma diceva sempre:

“la vita è come una scatola di cioccolatini, non sai mai quello che ti capita”

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